ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùFinanza sostenibile

Diversità e inclusione, attenzione alle verniciate di quote rosa

Occhio al pinkwashing. I rischi del nuovo fenomeno emergono dall’indagine di Lundquist e Afuture sulle 50 aziende italiane più grandi, quotate e non quotate

di Vitaliano D'Angerio

"Verde, anzi verdissimo": il greenwashing fa male all'impresa

2' di lettura

Erano state appena prese le contromisure per le “verniciate di verde” (greenwashing) che ecco all’orizzonte c’è un nuovo fenomeno: il pinkwashing. A mettere in guardia sul “finto rosa” è l’indagine dal titolo «Il potenziale nascosto dell’inclusione» messa a punto dalle società Lundquist e Afuture. È stato esaminato l’impegno sul fronte diversità, equità e inclusione (DE&I) nelle strategie e nella comunicazione di 50 imprese italiane, quotate e non quotate, selezionate fra quelle con il maggiore numero di dipendenti o con una capitalizzazione di oltre 10 miliardi di euro al maggio 2022; sono state escluse società di holding e filiali di aziende estere.

I risultati della ricerca

«Più della metà delle aziende considerate, 28 su 50 (56%), presenta almeno un obiettivo relativo a DE&I, ma molto più frequenti in ambito di diversity – viene spiegato nella ricerca –. Infatti, tutte le aziende con obiettivi DE&I, tranne una, ne fissano almeno uno sulla diversità. Tra questi, si tratta prevalentemente di target relativi alla presenza femminile in cda. È però incoraggiante che circa la metà di queste aziende abbiano obiettivi che vadano anche oltre al genere come, ad esempio, la diversità di provenienza geografica, di formazione, studi o di età».

Loading...

Risultati interessanti quindi ma si può fare molto di più.

Obiettivi e indicatori

Gli obiettivi e gli indicatori di performance (Kpi) mostrano le vere lacune delle aziende considerate in termini di diversità, equità e inclusione. È lo stesso di quanto avviene per le emissioni di CO2: bisogna indicare, anche con obiettivi intermedi, quanto si è tagliato e in che tempi; altrimenti si cade nel greenwashing.

Vale lo stesso per questo ambito, come evidenziano i ricercatori che hanno applicato 22 criteri nell’indagine. Per equità e inclusione, i risultati sono i seguenti: nel primo caso, gli obiettivi sono indicati soltanto da un terzo del campione e sono: «per lo più incentrati sul gender pay gap, ma anche sull’estensione di politiche di welfare tra i dipendenti».

A proposito dell’inclusione soltanto 1 azienda su 4 fissa obiettivi specifici e sono per lo più qualitativi: significa che senza numeri e percentuali, è difficile misurare l’impatto delle strategie.

Casi virtuosi

Fra gli esempi virtuosi, i ricercatori segnalano Terna ed Enel, che «stimolate dalle sfide della transizione energetica, hanno avviato azioni a favore di diversità e inclusione». Sul versante finanziario, casi virtuosi sono UniCredit e IntesaSanpaolo: la prima per «l’inclusione lavorativa e l’empowerment al femminile come elementi chiave del nuovo piano strategico». Intesa Sanpaolo perché «è fortemente impegnata nell’attuazione di politiche e strategie concrete in cui promozione del welfare e conciliazione casa-lavoro sono centrali».

Nella moda, infine, vengono indicate Moncler e Gucci per i loro programmi ambiziosi in tema DE&I. James Osborne, partner e responsabile di sostenibilità in Lundquist, evidenzia i segnali: «che arrivano dalle realtà italiane che hanno avuto il coraggio di cambiare prospettiva quando si parla di diversità, equità e inclusione, aziende pronte ad abbandonare una logica di compliance a favore di un approccio guidato dalla creazione di valore». Vedremo in futuro se si riuscirà a scansare il rischio del pinkwashing.

Riproduzione riservata ©

loading...

Loading...

Brand connect

Loading...

Newsletter

Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.

Iscriviti