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Mps pronta per il risiko: «Dopo piano e aumento può solo creare valore»

Il ceo Luigi Lovaglio si dice pronto a guardare «con fiducia» al futuro del Monte. E sottolinea come Siena sia oggi a sconto rispetto ai competitor

di Luca Davi

5' di lettura

Banca Monte Paschi di Siena non è più «un problema sistemico» per l’Italia ma è anzi «padrona del suo futuro» e deve essere «un pivot del sistema bancario e del processo di consolidamento». Luigi Lovaglio, ceo della storica banca senese da febbraio 2022, è il manager che lo scorso ottobre ha condotto in porto l’aumento di capitale da 2,5 miliardi imposto dalla Bce per riportare in equilibrio gli indici patrimoniali dell’istituto. Processo dall’esito tutt’altro che scontato, più volte in bilico, complice anche la resistenza delle banche d’affari a concedere la garanzia, l’aumento di capitale è però la leva che ha permesso di varare oltre 4mila esuberi e che ora può rimettere la banca sulla strada della redditività sostenibile. Ecco perché Lovaglio, parlando al Sole 24Ore, oggi si dice pronto a guardare «con fiducia» al futuro del Monte. E sottolinea come Siena sia oggi a sconto rispetto ai competitor, aspetto che in prospettiva potrebbe rivelarsi appealing agli occhi dei potenziali compratori.

L’aumento di capitale è fatto ma è servita un’operazione di sistema per portarlo a casa: Fondazioni, Casse, banche, investitori pubblici e privati hanno preso parte alla ricapitalizzazione auspicata dal Tesoro. Ha mai temuto che l’operazione non andasse a buon fine?

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No, mai avuto un dubbio, sebbene le condizioni fossero molto difficili. Siamo riusciti a realizzare un’operazione che ha visto la convergenza di tutte le parti e che, grazie al supporto del Mef, ha permesso di far svoltare la banca. Con i fondi raccolti abbiamo implementato in modo socialmente responsabile il piano di esodi volontari con l’uscita di oltre 4mila persone che ci ha permesso di ridurre i costi per oltre 300 milioni annui. E con questa dote iniziamo il 2023 rafforzando la credibilità del target di 700 milioni di utile pre-tax al 2024.

Per Mps si è trattato però del settimo aumento in quindici anni: è stato davvero l’ultimo?
Adesso ci sono i presupposti per risolvere definitivamente i problemi del Monte e far emergere il grande valore della banca. Oggi Mps presenta l’assetto ideale per intraprendere un percorso di crescita di banca commerciale ben radicata sul territorio, contando anche su azionisti che sono soci industriali e istituzionali con capitali orientati al lungo termine. Tutto ciò ci consente di essere già posizionati rispetto ai nostri peers in termini patrimoniali, reddituali ed economici. E possiamo essere protagonisti del nostro futuro, continuando sulla via tracciata dal piano industriale.

C’è chi dice che però per quell’aumento di capitale siano state pagate commissioni troppo alte: 125 milioni su un aumento da 2,5 miliardi.
Abbiamo pagato commissioni di mercato per la tipologia di operazione fatta. Senza la garanzia delle banche non avremmo fatto l’aumento, non saremmo qua a parlare della banca e del suo futuro. Abbiamo finanziato gli esodi, portato redditività aggiuntiva in prospettiva per oltre 300 milioni annui, che corrispondono quasi al 50% del target di utile pre-tax al 2024, quindi siamo già a buon punto. Abbiamo creato le condizioni per ricominciare a considerare Mps una banca “normale” e non un problema sistemico.

Quanto può giocare a vostro favore ora il rialzo dei tassi?
Molto. Il piano prevedeva un Euribor a 3 mesi di 66 punti base al 2024, oggi siamo sopra il 2% e la nostra struttura di bilancio è favorevolmente esposta all’incremento dei tassi. Questo trend ha già avuto un impatto positivo sui risultati nel terzo trimestre, è continuato nel quarto e ci dà una buona spinta per tutto il 2023. Dobbiamo però essere consapevoli che questo trend rialzista inevitabilmente si raffredderà e serve muoversi in anticipo.

In che modo?
Dobbiamo continuare a sviluppare il business in maniera sostenibile, con la giusta efficienza e una forte presenza sul territorio. In questa logica va letta la nuova struttura con 14 direzioni territoriali Retail e altrettante direzioni Imprese e Private per stare vicino a famiglie e Pmi dando attenzione alle filiere agroalimentari, artigianali e industriali.

Sul mercato c'è chi, come il ceo di BancoBpm Giuseppe Castagna (si veda Il Sole 24 Ore del 29 dicembre), auspica una moratoria sui pagamenti per famiglie e piccoli operatori contro i rincari. Lei è d’accordo?
Credo che interventi mirati per fronteggiare situazioni di emergenza, come l’impennata del costo dell’energia, abbiano senso.

Tornando a Siena, sulla banca pesa sempre l’eredità del passato. La pulizia sui crediti deteriorati è finita? E sulle cause, Mps ha davvero voltato pagina?
Il profilo di rischio della banca ora è assolutamente comparabile alla media del settore: lo testimonia anche la riduzione del default rate e del costo del rischio. E le legacy del passato sono state tutte propriamente indirizzate. Oggi Mps presenta una situazione di adeguatezza di bilancio e patrimoniale che ci conforta per il futuro.

All’orizzonte c’è però una recessione. Non c’è il rischio di peggioramento della qualità del portafoglio?
È chiaro che, dato lo scenario, la qualità del credito va monitorata con attenzione, ma ora partiamo da una situazione allineata alle altre banche italiane.

Nel quadro dell’ultima trimestrale, aveva detto che avreste anticipato gli obiettivi del piano industriale, distribuendo il dividendo sulla base degli utili del 2024 mentre a piano era prevista la distribuzione di un dividendo a partire dal risultato 2025. E così pure sul margine di interesse, che già nel 2023 dovrebbe essere superiore all’obiettivo di 1,47 miliardi di euro atteso a fine piano. Alla luce del nuovo scenario si sente di riconfermare questa accelerazione?
Sì, l’andamento dei tassi e il lavoro che stiamo facendo ci portano a pensare che su alcune linee del conto economico si possano anticipare i target, come sul margine di interesse. La banca presenta ora la capacità di generare capitale e ci sono i presupposti per considerare l’anticipazione della distribuzione di dividendi con l’utile netto del 2024.

Il Tesoro, azionista al 66%, dovrà uscire in maniera ordinata dal capitale. E quindi servirà trovare un acquirente. Sul mercato c'è chi ipotizza uno spezzatino mentre altri propendono per una fusione. Qualcuno parla anche di dialoghi avviati con potenziali acquirenti. Che cosa c’è di vero? E lei che cosa auspica per il futuro di Mps?
L’operazione di aumento di capitale e la riduzione dei costi di struttura hanno posto le basi per un’adeguata valorizzazione della banca con varie opzioni strategiche di creazione di valore per gli azionisti. In Italia c’è sicuramente spazio per più poli bancari, di cui si parla da tempo.

Prima ci sarà spazio per una fase stand alone per far emergere il vero valore della banca?
Questa fase è già iniziata, con la forza della rete, la solidità patrimoniale, la raggiunta prospettiva di redditività sostenibile e la nostra challenger bank Widiba.

Questo però è il momento in cui i potenziali interessati potrebbero bussare alla porta.
Ad oggi ai valori di mercato rispetto ai peers la banca presenta una valutazione interessante. Abbiamo già fatto molto e nel 2023 saranno ancora più evidenti i progressi sul piano. Il processo di consolidamento dovrà necessariamente coinvolgere un attore come Mps, che è un pivot del sistema bancario e un patrimonio per il Paese.

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