«Diversità non significa solo avere un certo numero di donne nei board, ma significa inclusione. Occorre cercare di rispondere alla domanda: Cosa è giusto per la società?» Così Morten Huse, professore emerito della BI Norwegian Business School, guru delle quote rosa in Norvegia e curatore assieme a Sabina Tasheva del volume Diversity and Corporate Governance, si è espresso nel corso dell’evento promosso da Marina Brogi, ordinario di economia degli intermediari finanziari alla Sapienza di Rom,a e Cristina Rossello, deputato, sul tema "Ricerca a servizio della società: Corporate Governance e Diversity”.
Anche la Commissione Europea ha dichiarato che le donne in posizioni apicali sono ancora troppo poche. Meno di un terzo dei componenti dei consigli di amministrazione delle società di maggiori dimensioni sono donne, sebbene esse rappresentino il 60% dei laureati. L’Ue introdurrà nuove regole per migliorare il bilanciamento tra i generi nei cda, con l’obiettivo ultimo di consentire alle donne di riuscire a rompere il soffitto di cristallo. Entro giugno 2026 le grandi società quotate dell’Ue dovranno avere un 40% di consiglieri donne rispetto ai non esecutivi, o un terzo di tutti gli amministratori.
Ma i dati Ue dimostrano che l’Italia – come pure la Francia – sia già pienamente conforme rispetto ai target, grazie all’introduzione nel 2012 e la successiva proroga nel 2019 della Legge Golfo-Mosca mentre i meccanismi di soft law introdotti in paesi si sono rivelati meno efficaci. Huse ha ricordato che anche in Norvegia la legge sulle quote è stata introdotta dopo che altre misure, meno cogenti, erano risultate inefficaci e come anche in Italia la presenza di donne nei Cda delle quotate prima della legge Golfo-Mosca fosse pari al 6,8%. Riguardo a eguaglianza ed equità ha aggiunto «Le quote di genere sono uno strumento per il cambiamento, ma non è ancora abbastanza». «Serve tempo affinché il mutamento possa arrivare anche alle posizioni manageriali ed esecutive e proprio per questo sono importanti gli esempi, i role model» ha sottolineato Brogi.
Giudizio positivo sulla Legge Golfo-Mosca dal mondo delle imprese: Maria Laura Garofalo, ad di Garofalo Health Care, una delle poche ad di aziende quotate, ha sottolineato che lo sforzo del collocamento in borsa, i vincoli e i costi conseguenti alla quotazione sono nel loro caso più che compensati dai vantaggi in termini di supporto allo sviluppo. Guido Ottolenghi, ad di Pir, azienda familiare non quotata, ha evidenziato che anche per le aziende familiari è stata uno sprone per la valorizzazione dei talenti femminili. Rossello ha concluso ricordando i benefici della Legge Golfo-Mosca: l’innalzamento del livello di formazione degli amministratori e la riduzione nell’età media.
In Italia esistono tuttavia altri ambiti professionali in cui le donne in posizioni apicali sono ancora una minoranza: uno di questi à l’università, come esemplificato da Donatella Strangio, ordinario della Sapienza, così come l’imprenditoria, come sottolineato da Francesco Perrini, ordinario Bocconi.